UN SACERDOTE OPPIDESE NELLA GRANDE
GUERRA: DON GIUSEPPE MINASI (1889-1933)
Letterio Festa
La Prima Guerra Mondiale fu un evento di massa che coinvolse tutti gli strati della popolazione, compreso il clero. In occasione del conflitto, i cappellani furono reintrodotti nei vari reparti del Regio Esercito, dal quale erano stati allontanati nel 1865, con lo scopo di mantenere alto il morale delle truppe e contribuire ad una più efficace disciplina.
Questo atto permise a tanti sacerdoti di scrivere una pagina gloriosa nella Storia del clero. I cappellani svolsero un ruolo insostituibile: fecero da collante tra i soldati e le loro famiglie; furono presenti nelle trincee, tra i reticolati e i letti degli ospedali, condividendo con i commilitoni la lontananza dagli affetti, le svariate sofferenze, l’esperienza tragica della morte. Il numero dei preti e seminaristi che partirono per il fronte fu notevole: circa 25.000, di cui 15.000 sacerdoti. Circa 2.500 furono inquadrati come cappellani militari, gli altri furono aggregati all’Esercito nelle varie Sezioni di Sanità, nei servizi più diversi o nelle trincee. I circa 10.000 seminaristi vennero inviati al fronte senza alcuna distinzione dagli altri soldati. I cappellani, grazie al loro infaticabile servizio, ottennero in totale ben 534 decorazioni al valore militare di cui 3 medaglie d’oro, 137 medaglie d’argento, 299 medaglie di bronzo, 95 croci al valor militare.
Tra i decorati, due preti calabresi: don Demetrio Moscato, dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria, successivamente nominato
arcivescovo di Salerno, decorato con due medaglie d’argento e don Eugenio Albi, della Diocesi di Squillace, decorato con una medaglia di bronzo.
Tra i sacerdoti calabresi che offrirono il loro contributo come cappellani militari al fronte, troviamo anche un prete della Diocesi di Oppido Mamertina, don Giuseppe Minasi. Nato nella Città aspromontana il 22 maggio 1889, dottore in Filosofia, Teologia e Diritto Canonico, fu ordinato sacerdote nel 1893.
Durante le operazioni militari della Grande Guerra, fu impegnato in prima linea come tenente cappellano presso la I Ambulanza chirurgica d’Armata di base, dall’ agosto 1916 fino alla sconfitta di Caporetto, in località Valisella di Mossa e, in seguito, stanziata sulla linea del fronte presso Crespano del Grappa. L’ambulanza era una formazione militare composta da personale sanitario il cui compito consisteva nella prima cura e nel trasporto celere dei feriti dai campi di battaglia fino agli ospedaletti da campo e di tappa delle retrovie o agli ospedali militari. Le ambulanze chirurgiche svolsero un lavoro essenziale: furono dei veri e propri reparti di chirurgia volante, fornite ciascuna di una tenda-sala operatoria a doppia parete; una tenda per il ricovero dei feriti operati e un autocarro Fiat leggero 15ter. In numero di 10, le ambulanze chirurgiche Don Giuseppe Minasi (1889-1933)47
erano state allestite, 7 a cura del Regio Esercito e 3 a cura della Croce Rossa: la Ia Ambulanza o ospedale chirurgico mobile “Milano”, di cui il nostro don Minasi era cappellano, era stata creata per iniziativa della Croce Rossa.
Al seguito di questa importante ed eroica formazione, spesso sotto il tiro incrociato dell’artiglieria, tra le trincee e i reticolati, il sacerdote oppidese, svolse, con abnegazione e sprezzo del pericolo, il suo ministero sacerdotale, confortando i morenti, soccorrendo i feriti, sostenendo i commilitoni. Rivestito - nelle caserme in retrovia - dell’abito talare nero con controspalline e stellette; il bracciale bianco con la croce rossa sul braccio sinistro; il cappello da prete con intorno alla cupola due giri di cordone grigioverde; i galloni in argento del suo grado di tenente e il fregio del suo corpo militare, o portando l’uniforme da combattimento come quella degli Ufficiali, con distintivi e stellette in seta grigioverde; una croce di panno rosso sul petto e il pantalone corto con gambali e fasce, don Giuseppe Minasi visse l’esperienza del conflitto con le truppe in prima linea, accompagnandole anche all’assalto per incoraggiare i feriti e amministrare l’estrema unzione ai morenti. Al termine della guerra, nominato Arciprete di Tresilico nel 1922, ricorderà con fierezza il suo ruolo, fino al giorno della morte che lo colse, nella sagrestia della sua chiesa, il 9 gennaio 1936.
Anche altri sacerdoti della piccola Diocesi oppidese furono tra Don Giuseppe Minasi (il primo in basso a sini-stra) con gli Ufficiali della I Ambulanza Chirur-gica d’Armata48
coloro che presero parte alle azioni di guerra. Ad esempio, militò come caporale fra le schiere del IV Reggimento Fanteria l’allora seminarista Sebastiano Tramontana, successivamente arciprete della Cattedrale; mentre fu cappellano nell’XI Compagnia di Sanità presso il Distretto militare di Bari il sacerdote Pietro Rossi, poi parroco di Piminoro ed, infine, soldato nella X Compagnia di Sanità fu don Carmine Panzera, in seguito arciprete di Messignadi. Tutti questi sacerdoti, al termine del conflitto, ottennero la dichiarazione di aver tenuto una buona condotta e di aver servito la Patria con fedeltà ed onore.